PIANO DI TUTELA DELLE ACQUE IN GRAVE RITARDO

Da tre anni denunciamo l’assenza, nel Friuli Venezia Giulia, di un Piano di Tutela delle Acque e la carenza dei dati su cui si basa quello proposto dalla Giunta Tondo nel 2012 e ri-proposto dalla Giunta Serracchiani nel 2014. Un Piano che manca alla nostra regione da 16 anni, ovvero da quando la Direttiva europea 50 del 2000 aveva imposto gli enti di dotarsi di questo strumento programmatico. Nonostante una nostra mozione e due interrogazioni criticassero questi aspetti, l’assessore Vito in aula non aveva perso l’occasione per difendere l’operato dei “Suoi” uffici e criticare il movimento 5 stelle.
Peccato che a pensarla come noi sia lo stesso Bruno Della Vedova, professore associato di Geofisica applicata dell’Università di Trieste e membro del Tavolo tecnico sui pozzi artesiani. Lo scorso 4 maggio Della Vedova ha confermato che “non disponiamo di un quadro conoscitivo di dettaglio della struttura degli acquiferi e della loro dinamica nella Bassa Pianura”, aggiungendo che “le informazioni sui pozzi sono spesso carenti”. Eppure la Regione aveva stipulato un accordo proprio con l’Università di Trieste per produrre uno “Studio sugli acquiferi regionali finalizzato anche alla definizione di linee guida per il corretto e compatibile utilizzo delle loro acque”, che doveva rivolgere una particolare attenzione all’analisi e alla quantificazione del prelievo dai pozzi domestici. Probabilmente qualcosa non è andato come doveva se ad oggi ci troviamo con una conclamata carenza di dati, da noi sempre denunciata. Nonostante queste pesanti criticità, in modo abbastanza incomprensibile il docente è giunto però a sottolineare “l’importanza dell’allacciamento all’acquedotto, unico modo per dare una garanzia al cittadino”. A leggere quanto avviene in queste ore a Pordenone e provincia sembrerebbe il contrario.
Noi del MoVimento 5 Stelle continuiamo la nostra battaglia a salvaguardia dei pozzi artesiani e del diritto dei cittadini di prelevare l’acqua dai propri terreni. In realtà tutta la discussione sulla possibilità di continuare a prelevare l’acqua dai pozzi è frutto di una precisa volontà esclusivamente politica. La scienza in tutto questo discorso ha di fatto un ruolo marginale, visto che gli stessi “tecnici” affermano di non conoscere quale sia la situazione del sottosuolo. Pertanto risulta ormai chiaro che chi governa questa Regione ha prima deciso di far pagare l’acqua a decine di migliaia di nuovi utenti allacciandoli all’acquedotto, per poi ricercare le motivazioni a giustificazione di questa decisione impopolare.
Il 10 maggio scorso, con una interrogazione, abbiamo anche chiesto che fine avesse fatto il Piano. Solo oggi scopriamo che nonostante la popolazione attende da un anno esatto di conoscere il parere della Regione sulle centinaia (se non migliaia) di osservazioni pervenute al Piano, l’esame delle stesse è terminato “appena” nel giugno di quest’anno (con otto mesi di ritardo) e sono ora al vaglio del Servizio Valutazioni Ambientali.
Sempre all’interno del Tavolo tecnico si parlava di una possibile adozione del Piano entro settembre 2016 e approvazione definitiva per aprile 2017. Il tutto senza ancora aver avuto la risposta a una semplice domanda: questi ritardi ci espongono a ulteriori sanzioni da parte dell’Europa?