Aussa Corno, 33 milioni sfumati per famiglie e aziende

“La norma che dichiara inesigibili 33 milioni di euro di crediti vantati dalla Regione nei confronti del Consorzio di sviluppo industriale della zona dell’Aussa Corno, mette nero su bianco il danno che di fatto priva le famiglie e le aziende del Friuli Venezia Giulia di risorse: qualcuno dovrebbe assumersi le responsabilità prima o poi”. Lo afferma il capogruppo del MoVimento 5 Stelle in Consiglio regionale, Cristian Sergo, intervenendo sul provvedimento contenuto nel disegno di legge ‘Misure finanziarie intersettoriali’, attualmente in discussione.

“La recente relazione della Direzione centrale Attività produttive in Commissione ha sottolineato alcuni aspetti interessanti. Quando, nel 2015 – continua Sergo -, è stata ipotizzata l’azione di responsabilità nei confronti del consiglio di amministrazione del Consorzio, proposta dall’allora commissario, questa fu negata dall’assemblea dei soci nonostante pareri legali definiti dissonanti. C’erano quindi anche pareri che consideravano possibile l’azione, ma si decise di lasciare la valutazione sull’azione degli amministratori alla Corte dei Conti. Il giudice contabile nella primavera del 2018 giunse all’archiviazione perché non c’erano elementi sufficienti. Pochi mesi dopo il processo penale si concluse con una prescrizione”.

“Speriamo che la discussione in aula della norma sia servita una volta di più a far chiarezza sui 90 milioni di euro di debiti per un Consorzio che difficilmente aveva entrate annuali superiori al milione di euro – rimarca il capogruppo M5S -. Ci sono state compravendite di terreni industriali fino a 105 euro al metro quadro, con acquisizioni per 25 milioni di euro da cui invece dei previsti 37 milioni se ne son ottenuti 7, come nel caso dell’area ex Cogolo comprata nel giugno 2010. Destino anche peggiore per le aree ex Decof da cui si è partiti da una base per le trattive commerciali di 12 milioni per arrivare ad una vendita per 1,1 milioni. Il tutto nonostante una perizia del maggio 2010 che indicava apertamente la forte contrazione della domanda per quei tipi di terreno. Oggi ci si trova a pagare queste scelte, purtroppo con i soldi dei contribuenti della nostra regione”.