Rfi ci prova con la Ronchi – Trieste.

 Serracchiani mantenga la parola data ai suoi elettori e bocci definitivamente questo folle progetto da 7,4 miliardi di eur

Quando dicevamo che la Serracchiani aveva copiato il programma del MoVimento 5 Stelle, ma che non ci potevamo fidare, lo sostenevamo a ragion veduta. Nel programma votato dagli elettori la presidente aveva promesso di non parlare più della Tav nel nostro territorio. Poche settimane dopo l’elezione si è tornati a premere il piede sull’acceleratore per far ripartire questo progetto – ormai morto – in cui non credono nemmeno più né i proponenti, né il commissario straordinario Mainardi, né il 60% degli elettori friulani che alle ultime elezioni hanno votato i programmi (di centrosinistra e del M5S) dove si diceva no all’opera e no al consumo del suolo. È con questo spirito che la presidente deve incontrare il Ministro mercoledì prossimo. Chiedo alla presidente di mettere un freno alla brusca accelerazione nella realizzazione dell’opera impressa da Rete Ferroviaria Italiana spa (Rfi)

 

Anche Rfi sa benissimo che quest’opera è completamente inutile per il nostro territorio, ma ci prova lo stesso, quantomeno per rientrare dalle spese di programmazione. Infatti, nonostante gli avvisi del Ministero e l’auspicio delle parti in causa di considerare la tratta Venezia – Trieste come un solo progetto “unitario”, c’è il tentativo “estivo” di far approvare, grazie all’ennesima proroga, la tratta Ronchi – Trieste. Una tratta di una trentina di chilometri che costerà 1,7 miliardi di euro e sarà pronta (forse) non prima del 2040.

Una cifra folle per un’opera inutile, considerato che per raddoppiare la linea Udine – Cervignano (sempre una trentina di chilometri) si prevede una spesa di 250 milioni e che in Croazia si sta per costruire una ferrovia tra Rijeka e Botov per collegare il Golfo del Quarnaro all’Ungheria di 260 km che costerà sì 8 miliardi, ma di kune croate però, ovvero poco più di un miliardo di euro. 

Rfi sostiene che se non si giunge a una immediata approvazione di questa tratta “finale” della Tav sul nostro territorio il rischio è di perdere anche il cofinanziamento europeo 2007-2013, già assegnato, di cui non si cita l’importo, ma che, per quel che ne sappiamo, si tratta di poche decine di milioni di euro. Il rischio concreto sarebbe infatti quello di iniziare oggi i lavori, impegnandosi per una spesa di quasi 2 miliardi di euro, con danni elevati sul territorio per i cantieri che insisteranno anche 12 anni su alcuni punti, trovandosi poi nell’impossibilità di proseguire verso Venezia. Il cantiere per la Portogruaro – Ronchi dovrebbe essere aperto, infatti, appena nel 2030, in quanto manca ancora la definizione del tracciato in quella direzione. Un tracciato che non troverebbe prosecuzione nemmeno verso l’Ucraina a causa del no della Slovenia al proseguimento della Tav da Divaccia a Lubiana, che di fatto fermerebbe il corridoio Lione-Kiev proprio a Divaccia. 

Quasi nel silenzio generale – nessun sindaco della Bassa ne ha ancora parlato – fra le carte arrivate in Regione in queste settimane c’è anche “l’analisi dei costi e dei benefici” della Tav. Finalmente abbiamo potuto consultare questo documento che per molti anni Rfi ha negato a tutti. E si capisce bene perché. L’analisi dimostra in modo lampante come la realizzazione di un’opera così dispendiosa rappresenti una vera e propria scommessa: il progetto sarebbe infatti sostenibile solo a fronte di un aumento dei flussi di traffico merci su questa tratta. Una previsione a dir poco ottimistica dato che dal 1984 al 2006 la quota di traffico su rotaia è scesa dal 53% al 21%. E senza la prosecuzione verso l’Ucraina sarà difficile che la tendenza cambi.

In più  Rfi nel documento ammette che, a fronte di un investimento di ben 7,4 miliardi di euro, non verrebbe risolto il problema del trasferimento delle merci dalla strada alla ferrovia. Per ottenere questo servirebbero nuove politiche di incentivazione, in quanto la sola velocizzazione del trasporto non è sufficiente. Per capirci: dopo aver speso 7,4 miliardi di euro dovremo investire ancora per convincere i trasportatori a utilizzare la nuova linea. A questo punto ci chiediamo perché non attuiamo subito queste politiche? In questo modo – ricorda – otterremmo subito tre vantaggi: un netto risparmio do soldi pubblici (circa 9 miliardi di euro, tra Tav e Terza corsia da investire per migliorare le attuali infrastrutture, incentivare il trasporto merci su rotaia, diminuire il traffico di tir sull’A4), una forte diminuzione dell’inquinamento e un servizio migliore per i nostri pendolari.

L’analisi stessa dei costi e dei benefici della Tav ammette che non poterà alcun beneficio per i passeggeri, il cui aumento è considerato addirittura trascurabile da Rfi. Da ultimo, ci sembra corretto ricordare come l’opera originaria ad alta velocità tra Venezia e Trieste fu presentata già nel lontano 1992 e prevedeva una spesa di 2660 miliardi di lire. Con la rivalutazione monetaria oggi parleremmo di 2,4 miliardi di euro. Come mai si sia arrivati a presentare un progetto dal valore triplicato di 7,4 miliardi di euro rimane un mistero tutto italiano.